La prima spiaggia.

Il ritrovamento del diario

Il granito altera in sabbia, una sabbia fine e chiara che l’acqua di fusione trascina con sé dalla vedretta del ghiacciaio giù al pianoro che termina contro un gradone di roccia piatta e liscia, su cui è stato costruito il vecchio bivacco alto.
Dove la pendenza è minima l’acqua rallenta, si calma, diviene silenziosa e depone sul fondo uno strato di sedimento. La superficie della sabbia ha numerose increspature da trazione, tecnicamente queste forme si chiamano ripple marks, non c’è una parola in italiano per descrivere queste eleganti ondulazioni parallele con andamento periodico, simili a quelle che si formano per il flusso e riflusso delle onde in una zona di mare.
Accadde nell’estate del 2020. Si usciva finalmente dalla pandemia e un gruppo di giovani decise che era buono e giusto festeggiare. Nacque l’idea di salire in comitiva fino su al piccolo bivacco alto, ripulirlo per bene e trascorrere qualche giorno insieme. Pareva quasi di celebrare una rinascita. Non si è capito se fu per una scommessa persa giocando alle carte o per uno slancio di sano volontariato, ma alla fine qualche settimana dopo alcuni di loro tornarono lassù con lo zaino carico di materiale e l’intenzione di fare alcuni lavori, che erano considerati necessari. Pulirono per bene il camino del vecchio focolare, misero mano a vetri e serramenti, risistemarono una parte del pavimento.
Fu in questo modo che venne trovato il diario.
Sotto alcune assi sconnesse, fra la polvere c’era un vecchio libretto, e sarebbe potuto sbadatamente finire nel fuoco, senonché aveva la copertina in morbido cuoio e perciò dava l’impressione di un oggetto che era stato caro a qualcuno. Era rimasto la sotto molti decenni, questo è certo. All’inizio nella penombra del locale sembrò uno di quei libro-firma che gli alpinisti usano compilare per lasciar scritto quando sono passati e dove sono diretti.
Ma poi videro che era scritto con una calligrafia molto curata e sempre uguale, le pagine erano numerate, le date e il luoghi ordinati secondo una precisa successione.
“è un diario.”

Una delle ultime pagine del diario è intitolata

Serata al bivacco alto

Oggi ho percorso una valle solitaria, l’ho risalita lungo il corso del suo torrente, che si chiama Ludeb. E’ una lunga salita che supera una serie di rapide e cascate, bianche e spumeggianti. Su in alto ben oltre il limite degli alberi, vicino alle pareti, la pendenza cambia bruscamente e si apre un ampio pianoro, il corso d’acqua si calma. Il liquido rallenta e diviene silenzioso, percorre sinuosi meandri fra gli ultimi lembi di prateria alpina. Sul fondo e lungo le anse si accumula della sabbia di granito, fine e bianca. Girovagando mi sono trovato davanti ad una specie di piccola spiaggia percorsa dall’acqua limpida. Ho sentito sete, ho bevuto.
Ripenso al nostro segreto e alla promessa che ti ho fatto, persino adesso mi sembra saggia – “il mare non è per te, figliolo, devi rassegnarti, me lo devi promettere, del resto anche a terra potrai fare fortuna.” – Ma oggi sento che la mia fermezza inizia a vacillare, sono forse diventato come un fuggitivo? E’ una ritirata la mia?
Il ghiacciaio solido e freddo graffia e sminuzza la roccia in piccoli granuli e poi, fondendosi, li trascina con se e li accumula. Ho spinto le mani nella sabbia sul fondo del giovane Ludeb e sento che il desiderio del mio cuore, come quest’acqua, si scioglie e trabocca, vuole andare lontano. Non posso tradirlo. La verità è che anche qui mi sento come davanti al grande mare; dovunque io sia percepisco un mistero che preme per svelarsi.
Mi è capitato di vedere grandi pieghe nella pietra antichissima di queste terre, nel tempo la roccia si deforma come se fosse fatta di carta umida, altrove invece si spacca lungo enormi fratture. Talvolta le creste affilate di queste montagne mi sembrano giganteschi frangenti sul punto di rompersi.
Stasera davanti a questa spiaggia muta e senza risacca, risento dentro di me il rumore delle onde, lo sento come un suono familiare e al tempo stesso sempre nuovo e vigile che chiama e richiama e chiama ancora con una fedeltà pari a quella di un amico.

Non posso tradirlo.

Stefano Roi