Perchè le Terre alte

Il senso di salire

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Le “mie” montagne sono state innanzitutto un luogo di formazione. Fin da giovanissimo ho vissuto l’andare per monti come l’occasione di una libertà meritata, e il luogo di circostanze favorevoli per imparare e per far crescere la sensibilità verso ciò che è essenziale e perciò anche grande e nobile. Tutto della montagna era desiderabile (anche le sfide e le fatiche), il tempo trascorso sui monti, fra i “nostri” sassi e nei “nostri” boschi era prezioso, cercato e custodito.
Gli anni non hanno cambiato questa percezione: entrare in una faggeta, salire una cima, attraversare una vallata, alzare lo sguardo,  notare le tracce del passaggio di una bestia o camminare a lungo in silenzio durante un rientro. Ecco: in queste cose c’è una educazione dei fatti, una semplice “evidenza di bene” che mi è sempre connaturale: l’esperienza della bellezza e della libertà non ha bisogno di parole per annidarsi spontaneamente in profondità e rimanerci, vitale.

Quando allaccio gli scarponi e carico lo zaino so bene da cosa ricomincio e cosa cerco, a quale memoria sono legato; e sono certo che anche stavolta ci sarà spazio e si farà trovare.

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