"[...] in montagna diventava felice, di una felicità silenziosa e contagiosa, come una luce che si accenda. Suscitava in me una comunione nuova con la terra e il cielo, in cui confluivano il mio bisogno di libertà, la pienezza delle forze, e la fame di capire le cose che mi avevano spinto alla chimica. Uscivamo all’aurora, strofinandoci gli occhi, dalla portina del bivacco Martinotti, ed ecco tutto intorno, appena toccate dal sole, le montagne candide e brune, nuove come create nella notte appena svanita, e insieme innumerabilmente antiche. Erano un’isola, un altrove."
"Ferro" da Il Sistema periodico - Primo Levi
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Resistere e pazientare

C’era una volta un sentiero che saliva il vallone, ormai non viene più curato e da molti anni la SAT lo ha dismesso dal suo catasto; sulle carte è rimasto il simbolo di una traccia.
“E sarebbe proprio dove vuoi andare tu?”
“Sì, certo, la prima parte sarà un po’rognosa tutta in ombra, saliremo una valle stretta e ingombra di detriti, poi c’è il traverso fra i mughi e infine un ultimo gradone, sopra però si apre un anfiteatro circondato da pareti verticali, aspro e pienamente dolomitico, certamente solitario”.
G.G. mi ascoltava usandomi pazienza, con un’aria a metà fra l’incerto e il divertito.
“Va bene, passo alle sette”
In questa stagione le cime di Sud – Est mantengono la valle all’ombra per tutto il giorno. La parte centrale del vallone è occupata da una grande conca di sovraescavazione, “busa” è il toponimo; in giornate terse e senza vento l’aria fredda si accumula in basso e resta imprigionata dalla contropendenza, forse è qui che si ritira l’inverno. Per le specie vegetali sono giornate al limite della sopravvivenza, devono solo resistere e pazientare


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