Il Santuario.


In fondo alla valle principale una traccia esile e incerta sale ripida e rimonta il versante, conduce ben lontano inerpicandosi dentro un bosco luminoso di larici e cirmoli, alberi vecchi e vigorosi, aggrappati alle rocce con robuste radici sporgenti. Appena oltre il limite dalla foresta si incontra un gradone di rocce consumate e scassate: ecco la soglia, l’ingresso nella valle sospesa, che si apre poco avanti, ampia e silenziosa.
Si entra sul prato piatto del fondo camminando in un soffice tappeto fatto di innumerevoli steli di nardo, i passi ora silenziosi inducono un non so che di solennità.

Adesso verso sud seguendo l’istinto ancora in salita sull’evidente cresta di granito montonata e lisciata dall’antico ghiacciaio. Qui c’è quello che cerco oggi: risalendo la montagna essere riportato dove sono ancora giovane, e convocato al cospetto di questa ineludibile e potente domanda: “perché c’è tanta bellezza in natura?”

“La conoscenza scientifica ci mette nelle condizioni di contemplare più da vicino le cose mettendo in luce l’ordine, l’armonia, e anche la drammatica imprevedibilità dell’universo, e rende quasi inevitabile nell’uomo sincero la percezione solida della presenza del mistero immenso su cui tutto si appoggia. Ma è la semplicità più che l’ingegno, la fonte dell’intelligenza indispensabile per riconoscerlo.”
(M. Bersanelli)

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