
I cristalli si appressano e si trasformano, i frammenti si accavallano e sinterizzano, l’aria viene allontanata, gli spazi si colmano. La massa della neve si sgonfia appoggiandosi a sé stessa e grava sulla roccia come se fosse intenta a sopportare lo sforzo per trattenere ancora un poco l’acqua dentro il suo ventre freddo.
Così facendo il manto si appesantisce e si comprime. Ora basta ancora poco e ritorna il prodigio del disgelo in quota.
Quasi d’un fiato il liquido rompe l’immobilità, fugge via e si rivela. L’acqua scorre e ritrova le sue vie, si riversa nelle vallecole, si spande quieta negli stagni, corre veloce negli impluvi e suona, fa sentire la sua voce in mille e mille cascatelle, si attarda ancora un poco nel terreno, schiuma fra le erbe scure e le foglie morte dell’anno passato, gonfia i suoli e penetra in profondità, ribagna le radici della prateria alpina, stilla e sgorga da ogni balza e poi finalmente precipita veloce, giù verso la foresta.
Ricominciare.


